Il Lambro è un fiume di grande importanza per la storia dell’agricoltura e delle attività economiche del Territorio. Lo testimonia già nel 1615 l’ingegnere Piero Antonio Barca in uno studio rivolto a suggerire modalità di maggiore sfruttamento delle acque.
Il Lambro nasce in località Menaresta nel Comune di Magreglio a 942 mt. di altitudine e la storia di molti paesi si snoda lungo il suo corso. Fu sempre considerato un bene prezioso da tutelare sia dall’incuria, sia dagli abusi dei prepotenti perché potesse mantenersi patrimonio di tutti.
La salvaguardia del fiume nel 1765 era affidata a due sorveglianti denominati “campari”; uno di loro doveva vigilare sul Lambro dalla sua uscita dai laghi di Pusiano e Alserio fino al Comune di Crescenzago. Un altro ne controllava il corso da quel territorio fino alla confluenza con il Po. Ogni anno il camparo doveva controllare le sorgenti, dette “teste”, che alimentavano il fiume per accertarsi che fossero pulite ed erogassero tutta la quantità d’acqua che fossero in grado di erogare.
Un documento del 1782 proibiva di deviare l’acqua del fiume a scopo d’irrigazione o altro utilizzo senza la debita licenza ed il pagamento della tassa; proibiva di gettare terra, rottami o altro. Le piante cadute nel fiume o le grosse radici trascinate dalle piene dovevano essere prontamente rimosse dai rispettivi proprietari o dal camparo stesso affinché non recassero danno alle ruote idrauliche e le acque potessero scorrere liberamente.
Dalla sorgente al Naviglio della Martesana il Lambro ha alimentato numerosi opifici industriali: filature e tessiture di cotone, tintorie, opifici serici, cartiere, cappellifici, magli, torchi e mulini con macine da grano e frantoi per olio. L’attività economica della zona, pur fiorente, ha dovuto però costantemente lottare contro un fiume dalla portata d’acqua assai variabile, responsabile d’autunno o in primavera di frequenti inondazioni e spesso asciutto in estate.
Leggiamo, in un documento della seconda metà dell’Ottocento, che le acque del Lambro,dalla sua origine ai Laghi di Pusiano e Alserio, sino all’incontro con il Naviglio della Martesana, facevano girare ben 233 ruote appartenenti a 43 mulini, che con le loro 243 macine provvedevano alle necessità della popolazione.